PER DUE SPICCI IN PIU’

L’AMMINISTRAZIONE COMUNALE DECIDE DI AUMENTARE LA MENSA AI POVERI, DICHIARIAMO IL NOSTRO DISSENSO

Quando ero piccolo i miei genitori non potevano permettersi più di una pizza al mese, al ristornate non andavamo mai. Quando festeggiavamo, mio padre portava a casa un baracchino di cozze acquistate in pescheria: per noi erano il cibo più prezioso.

Molti pasti li consumavo alla mensa scolastica. Ricordo ancora oggi l’odore della pagnotta e del parmigiano. Ero felice che i miei potessero permettersi quel servizio, percepito anch’esso come un lusso.

Questi ricordi sono apparsi nel 2018 quando, camminando per le vie della città a fine settembre, entriamo in un bar. Ci sediamo ai tavolini, apriamo a caso un giornale locale. Spunta una notizia, sembra innocua, parla del servizio mensa per gli studenti delle scuole materne, elementari e medie.

Gestita dalla ditta Sodexo e orchestrata dall’amministrazione comunale, la mensa rappresenta un momento importantissimo per la vita dei bambini, sia dal punto di vista nutrizionale che sociale. Quest’anno, dice l’articolo, si è deciso di alzare il costo dei pasti di 5 centesimi l’uno. Non solo per le fasce più abbienti, ma anche per i poverissimi (con Isee pari a zero!).

La cifra può sembrare bassa, ma se moltiplicata per un numero di figli pari a 2 o 3 e spalmata su tutto l’anno, significa che le famiglie che già versano in condizioni di indigenza dovranno sopportare un peso aggiuntivo sul già difficile bilancio familiare.

Il vicesindaco Elena di Liddo dichiara che si tratta di una scelta dovuta e obbligata, perché le tariffe vanno conformate agli adeguamenti Istat (chi sono? Qualcuno li ha mai conosciuti questi adeguamenti Istat? Come calcolano il costo di una vita?), ma non è vero. Amministrazione comunale e Sodexo avrebbero potuto decidere di non alzare le tariffe per i poveri. Per le pingui casse pubbliche albesi o per la cassaforte di un imprenditore, ciò non avrebbe certo comportato il collasso.

La scelta politica è stata dunque precisa: privilegiare la cassa, la matematica, il portafoglio. Del resto, meglio avere più soldi in cassa e dedicarli a opere in grado di garantire consenso elettorale (come l’edificazione di una scuola, l’adeguamento di un parco, di una strada) che dedicare risorse ai soggetti deboli – storicamente, questo comportamento solidale non porta consenso elettorale, gli riesce minore visibilità.

Per capire l’importanza della questione, basta considerare come in Alba 900 famiglie (quasi tremila persone) abbiano richiesto la tessera per l’emporio solidale, il negozio che vende cibi a prezzi bassissimi. Per ottenere questa tessera l’Isee deve essere molto basso. In altre parole, bisogna essere molto poveri. Nella città narrata come “ricca” e “felice”, quasi uno su dieci sono in condizioni talmente difficili da non potersi permettere i generi alimentari. Eppure l’amministrazione, in un momento storico caratterizzato da incertezza e fatica economica, precarietà, paura e confusione esistenziale, sceglie di aumentare le tariffe della mensa. Per due spicci in più.

Vogliamo affermare il nostro dissenso, forte, indignato, un grido che magari – prima o poi – qualcuno sveglierà.